L’ultimo rapporto IPCC sulla mitigazione del cambiamento climatico
“The evidence is clear: the time for action is now”.
Il messaggio dell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change’ (IPCC) è chiaro ed esplicito. Il riscaldamento può essere controllato, e quindi i danni legati al riscaldamento climatico limitati, se si agisce velocemente a ridurre le emissioni. Abbiamo le tecnologie per farlo. Tecnologie che hanno un costo di produzione di energia confrontabile e/o più basso di tecnologie basate sui combustibili fossili. I benefici economici di una riduzione delle emissioni sarebbero maggiore dei costi legati ad un ulteriore riscaldamento.
Le emissioni nette di gas serra hanno continuato a crescere nella decade 2010-2019, ma con una drastica ed immediata riduzione delle emissioni del 43% entro il 2030 (rispetto ai valori del 2019) e dell’84% entro il 2050, si potrebbe contenere il riscaldamento medio globale in questo secolo al di sotto di 1.5 oC gradi. Una riduzione delle emissioni sostanziale ma più graduale, del 27% entro il 2030 (rispetto ai valori del 2019) e del 67% entro il 2050, porterebbe ad un riscaldamento tra 1.5 e 2.0 oC gradi.
Queste sono alcune delle conclusioni del ‘Summary for Policy Makers’ del rapporto sulla mitigazione del cambiamento climatico pubblicato il 4 aprile 2022 dal Working Group III (SPM-WGIII) dell’Intergovernmental Panel on Climate Change’ (IPCC). SPM-WGIII è il più recente della VIa serie di rapporti (AR6) che presentano lo stato delle conoscenze sull’evoluzione del clima, dell’impatto del continuo riscaldamento, e degli sviluppi scientifici e tecnologici che ci possono aiutare ad affrontare il cambiamento climatico. Segue i rapporti degli altri due Working Groups, del Working Group I sulla 'Scienza del clima' pubblicato ad agosto 2021 e del Working Group II sugli 'Impatti, l’adattamento e la vulnerabilità’ pubblicato a febbraio 2022.
Quale è lo stato del clima?
Il livello della concentrazione dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera a marzo del 2022 ha raggiunto il livello di 418 ppm (parti per milione), come possiamo osservare, ad esempio, dalle tendenze misurate dall’osservatorio NOAA di Mauna Loa, nelle Hawaii. Le ricostruzioni delle caratteristiche dell’atmosfera del passato basate su carotaggi di ghiacci della Groenlandia e dell’Antartico e su analisi dei sedimenti, mostrano che occorre andare a 2.5 milioni di anni fa’ per trovare valori di concentrazione di CO2 così alti, al di sopra di 400 ppm. Se consideriamo gli ultimi 800,000 anni, prima del 1900 la concentrazione di CO2 è oscillata tra 180 e 300 ppm, per poi iniziare a salire verso gli attuali 418 ppm. Salgono ancora più velocemente della CO2 gli altri gas serra: il metano (CH4) ha superato 1,900 ppb (parti per miliardo), e l’ossido di diazoto (N2O) ha superato 335 ppb.
L’impatto più evidente della continua crescita delle emissioni di gas serra legate alle attività umane è il continuo aumento della temperatura media globale della superficie della Terra, che oggi è circa 1.2 oC gradi al di sopra della media del periodo pre-industriale (tra il 1850 ed il 1900). A questo aumento medio globale corrispondono valori di riscaldamento più alti in alcune zone della Terra, tra cui i poli e la regione Mediterranea: per esempio, la temperatura media dell’Europa, incluso l’Italia, è circa 2.5 oC gradi più alta che nel periodo pre-industriale. Questo vuol dire che un ulteriore riscaldamento medio globale di 1 oC grado potrebbe tradursi, per la regione Mediterranea, in un ulteriore riscaldamento di almeno 2 oC gradi.
L’aumento della temperatura sta causando l’innalzamento dei livelli dei mari e lo scioglimento dei ghiacci. Dal 2006, si osserva un’accelerazione dell’innalzamento del livello dei mari di quasi un fattore 3, da +1.4mm l’anno nelle decadi precedenti a +3.6mm, in parte legata al riscaldamento delle acque ed in parte allo scioglimento continuo dei ghiacci sulle terre ferme. I ghiacci dei poli continuano a ritirarsi, e a ridursi in spessore: i primi mesi del 2022 hanno visto l’estensione dei ghiacci di entrambe le calotte polari ai minimi storici, come mostrano, ad esempio, le tendenze osservate dal National Snow and Ice Data Center americano(NSIDC).
Cosa dice il rapporto SPM-WGII sulla mitigazione del cambiamento climatico?
Nella prima parte, SPM-WGIII riporta la continua crescita delle emissioni di gas serra, e come le emissioni siano continuate a crescere nell’ultima decade. La notizia positiva è che si è osservato un rallentamento della crescita rispetto alla decade precedente, dal +2.1% l’anno negli anni 2000-2009, a +1.3% negli anni 2010-2019, ma siamo ancora lontani dall’aver invertito la tendenza. SPM-WGIII ricorda che la maggior parte dei gas serra sono stati emessi nelle ultime decadi: ad esempio, il 17% di tutti i gas serra emessi tra il 1850 ed oggi, sono stati emessi tra il 2010-2019. E' quindi necessario ridurre le emissioni al più presto se si vogliono controllare i livelli futuri dei gas serra.
Il rapporto parla molto esplicitamente dell’enorme disparità delle emissioni di diverse regioni del globo: se prendiamo ad esempio le emissioni di CO2 accumulate tra il 1850 ed il 2019, vediamo che i maggiori responsabili dell’accumulo sono il Nord America (23%) e l’Europa (16%), seguiti dall’Asia dell’Est (12%), l’America Latina e i Caraibi (11%) e quindi le altre regioni del mondo. Gli ultimi trent’anni hanno visto il contributo di alcuni paesi scendere notevolmente, ed il contributo di altri salire, come conseguenza dello sviluppo economico e della trasformazione delle economie, che hanno portato uno spostamento della produzione di prodotti concreti verso l’Asia dell’Est, e la crescita del settore dei servizi in Nord America ed in Europa. In proporzione, negli ultimi 30 anni il contributo del Nord America è sceso dal 18% al 12%, e quello dell’Europa è sceso dal 16% all’8%. L’Asia dell’Est ha aumentato il suo contributo dal 13% al 27%.
Se guardiamo alle emissioni di gas serra per persona, tra il 1990 ed il 2019 il valore medio globale è aumentato da 7 a 7.8 tonnellate di CO2-eq l’anno. Rimangono enormi differenze tra i valori medi dei singoli Paesi, che variano di un fattore 10, tra 2 e 20 tCO2-eq, a testimonianza del fatto che certi Paesi e regioni utilizzano molta più energia di altri, e continuano ad essere i principali responsabili della situazione attuale. Se consideriamo l’Italia, nel 2019 le emissioni di gas serra medie per persona sono state di 7.2 tCO2-eq, mentre quelle medie dei 27 Paesi dell’Unione Europea sono state di 8.4 tCO2-eq (dati Eurostat).
Parlando di mitigazione, SPM-WGIII mette in evidenza come tra il 2000 ed oggi il costo unitario di tutte le forme di energia rinnovabile siano scese, e come sia salito il loro utilizzo. Oggi, il costo per megawatt-ora di produzione di elettricità da impianti fotovoltaici ed eolici è simile, se non più basso, del costo di produzione da impianti a combustibile fossile (Fig. 1). Tale combinazione rende economicamente più attraente investire in impianti di produzione eolici e fotovoltaici, e dovrebbe spingere un’accelerazione della de-carbonizzazione. Per paesi come l'Italia ed il Regno Unito, accelerare la transizione verso queste forme di produzione di elettricità renderebbe inoltre entrambi i Paesi indipendenti dal punto di vista energetico, e ridurrebbe la necessità di importare olio combustibile e gas.
Figura 1. Il costo unitario per produzione di elettricità da energie rinnovabili è sceso notevolmente dal 2000 ad oggi, ed il loro uso è continuato a crescere (fonte: IPCC WGIII SPM report, figure SPM.3).
E’ possibile limitare il riscaldamento medio globale al di sotto di 1.5 o 2.0 oC gradi?
I risultati delle 1,200+ proiezioni del clima futuro ottenute negli ultimi anni di studio da vari gruppi di scienziati con i modelli del sistema Terra più all’avanguardia esistenti, discussi e presentati nel rapporto SPM-WGIII, confermano risultati presentati nella Va serie dei rapporti IPCC, che si può limitare il riscaldamento al di sotto dei 1.5 oC con una riduzione drastica ed immediata delle emissioni di gas serra.
Con una riduzione delle emissioni del 43% entro il 2030 (rispetto ai valori del 2019) e dell’84% entro il 2050, si potrebbe contenere il riscaldamento medio globale in questo secolo al di sotto di 1.5 oC gradi. Con una riduzione delle emissioni sostanziale, ma più graduale, pari al 27% entro il 2030 (rispetto ai valori del 2019) ed al 67% entro il 2050, si potrebbe contenere il riscaldamento medio globale in questo secolo tra 1.5 e 2 oC gradi. Riduzioni più blande, o un continuo aumento delle emissioni, ci porterebbe verso un ulteriore riscaldamento medio globale oltre i 2 oC, e quindi valori medi globali tra 2 e 5 oC gradi al di sopra del valore medio pre-industriale.
E’ fattibile per l’Italia ed il Regno Unito ottenere queste riduzioni delle emissioni?
Per contenere il riscaldamento al di sotto di 1.5 oC gradi, SPM-WGIII dice che tutti i Paesi deve ridurre le emissioni tra il 2020 ed il 2030 del 43%, e cioè del 5% l’anno. Mentre per contenere il riscaldamento al di sotto di 2 oC gradi, devono ridurre le emissioni tra il 2020 ed il 2030 del 27%, e cioè del 2.8% l’anno.
Consideriamo l’Italia (Figura 2): nel 2018 le emissioni di gas serra per l’Italia sono state l’85% di quelle del 1990, e tra il 1990 ed il 2018 sono diminuite dello 0.5% l’anno, in media. Ma se prendiamo gli ultimi dieci anni, tra il 2009 ed il 2018 le emissioni sono diminuite, in media, del 2.3% l’anno, indicando un’accelerazione nella de-carbonizzazione. Per il Regno Unito, nel 2018 le emissioni sono state il 69% del valore del 1990, e tra il 1990 ed il 2018 sono diminuite, in media, del 1.3%, mentre negli ultimi dieci anni sono diminuite, in media, del 1.8%.
Se confrontiamo il primo obiettivo di riduzione di cui parla SPM-WGIII, 5%, con le riduzioni che i due Paesi hanno ottenuto negli ultimi dieci anni (2.3% per l’Italia e 1.8% per il Regno Unito), vediamo che entrambi devono accelerare la de-carbonizzazione, l’Italia di almeno un fattore 2 ed il Regno Unito di un fattore 3. Notare che anche per contenere il riscaldamento al di sotto di 2 oC gradi i due Paesi devono accelerare la riduzione delle emissioni, per raggiungere un valore medio di riduzione del 2.8%: l’Italia deve accelerare la riduzione di un altro punto percentuale, dall’1.8% al 2.8%, ed il Regno Unito di 1.5%, dall’1.3% al 2.8%.
Figura 2. Rapporto tra le emissioni totali di gas serra dell’anno Y e del 1990 [GHG(Y)/GHG(1990)] del Regno Unito (linea rossa) e dell’Italia (linea blu). Se prendiamo, ad esempio, il 2018, le emissioni del Regno Unito sono state 0.69 (il 69%) di quelle che erano nel 1990, mentre quelle dell’Italiano sono state 0.85 (l’85%). (I dati delle emissioni vengono dal data-base Our World in Data).
Come ottenere queste riduzioni delle emissioni?
SPM-WGIII dice che tali riduzioni sono possibili se si procede ad una sostanziale riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili, si passa a produrre l’elettricità con sistemi a zero emissioni nette di gas serra, si utilizza idrogeno verde come sistema di accumulo, si aumenta l’efficienza di tutti i processi e si riduce il consumo, si ripensa a come bilanciare in maniera efficiente e resiliente la generazione ed accumulo di energia e la domanda. SPM-WGIII dice anche esplicitamente che entrambi gli scenari di limitazione del riscaldamento a 1.5 o 2 oC gradi, richiedono oltre alla riduzione drastica ed immediata delle emissioni anche l’adozione di sistemi di ‘carbon capture and storage’ (CCS) delle emissioni, per compensare con le emissioni residue del futuro, legate a quei pochi settori in cui ridurre le emissioni è difficile.
SPM-WGIII riporta che i costi legati alla limitazione del riscaldamento al di sotto dei 2 oC sono più bassi dei benefici economici legati alla riduzione degli impatti del cambiamento climatico. Mette anche in evidenza i co-benefici (ad esempio sulla salute umana) che possono derivare da una riduzione delle emissioni in termini dei ‘Sustainable Development Goals’ (SDGs). Propone che i SDGs siano utilizzati per valutare l’impatto di politiche di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Parla della necessità di mantenere un legame moto stretto tra le politiche di mitigazione e adattamento che portano ad una di riduzione dei rischi legati al cambiamento climatico, e la promozione sia di uno sviluppo sostenibile che di una maggiore giustizia sociale.
SPM-WGIII dice che una crescita dell’ingiustizia sociale ed una mancanza di risorse economiche e sociali aumenterebbero la vulnerabilità delle popolazioni, e ridurrebbero ancora di più la capacità di molti Paesi a adattarsi al cambiamento climatico, oltre che ad implementare politiche di mitigazione. Giustizia sociale deve tradursi nel mettere a disposizione dei Paesi meno sviluppati, che molto spesso hanno contribuito meno degli altri alle emissioni di gas serra e sono più a rischio degli impatti del cambiamento climatico, risorse e tecnologie per aiutarli a svilupparsi economicamente, oltre che ad affrontare il problema del cambiamento climatico.
“The evidence is clear: the time for action is now” (da IPCC WGIII SPM).
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Roberto Buizza (Addetto Scientifico, Ambasciata d’Italia a Londra) – 18 aprile 2022
Fonte:
Paese: ITALIA, Regno Unito
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